Dina Salem “L’eco delle mura”

    Translated by: Daniele migliore
    Orientale University - Napoli

    Mi aggrappo alla mia infanzia, dentro sento ancora una bimba, mi dirigo verso le Porte di Damasco, entro all’interno delle mura della città antica, intorno a me ci sono suoni caotici, melodie di musicassette, (o Gerusalemme città della preghiera, per te... ) e tra le grida i volti che invocano. Per quanto tempo ho creduto che la musica era il sentimento dello spirito e dell’anima! Attraverso la grande piazza nascondendomi tra i passanti e i commercianti stanchi.

    Avverto un fremito dal cuore, l’immagine del mio bambino mi insegue non appena mi trovo davanti a una mamma che lotta e che mi offre del formaggio bianco, che mi piace tanto, prende in braccio il suo bimbo e aiutandosi con i piedi cerca di calmare il bambino tormentato dalla fame, lo pesa, poi mi dà la mia porzione di formaggio.

    A mezzanotte, scalza, dirigo i miei passi verso il suo letto per donargli un po’ della grazia del Signore per placare la sua sete cosicché riprenda a dormire tranquillamente. Non potei fare altro che dire:
    - ðaggiah, tuo figlio è affamato, perché non lo allatti?

    Con un nodo alla gola, disse:
    - Lui è mio nipote, ha perso i genitori molto tempo fa.
    Il discorso si interruppe... improvvisamente le emozioni si risvegliarono, la ragione mi abbandonò e mi trovai ad essere prigioniera. I miei passi mi condussero verso i valichi della crudeltà, vi entrai mentre le dure pietre mi osservavano, chi mi vedeva rimaneva confuso, chi mi conosceva faceva finta di non conoscermi e chi mi aveva conosciuto si ritrovò agitato da crudeli interrogativi. Gli occhi si interrogano, piango come un bambino.

    Giunsi alla nostra vecchia casa, la porta era sbarrata e la finestra chiusa e vidi l’immagine di mio padre che si appoggiava sofferente al muro esterno, e immaginai mia nonna che mi faceva un cenno e mi
    chiamava:
    - Oh Wardah Nis…n... il futuro appare all’orizzonte...

    Dissi:
    - Ho vissuto giorni difficili, più amari del fiele...
    - Di notte le tenebre avvolgono ogni cosa... ti ha spaventato la possibilità di espatriare come fanno i gabbiani?

    Risposi:
    - Come fai a chiedermi queste cose vedendomi ancora così impaurita! Mi è stato sottratto il boccone di mano, mi sono addormentata piangendo.
    I segreti del cielo risiedono in questo luogo, la forza del Signore lo protegge e il mio amore per Lui è infinito, tutte le volte che sono passata là dove ho mosso i passi da bambina mi sono sentita rinascere, gli anni qui non passano, e i minuti durano secoli, o Gerusalemme, le tue mura sono sacre, e a te sono devoti, o Signore! Il sorriso è disegnato sui volti degli uomini. Ogni volta che mi ritrovo tra le tue mura è come se le ferite degli oppressi, centinaia di persone di razze diverse, ognuna con le sue lingue, guarissero solo le pratiche religiose, che a frotte attraversano i tuoi vicoli pieni di vita, spalla contro spalla, volgendo lo sguardo ovunque e le locande hanno sempre le insegne accese e i proprietari non dormono mai.

    La Via Crucis è come se mi rimproverasse: “Hai fatto tardi!”. Ogni volta che passo là, appoggio la mia mano sui luoghi che conservo nella mia memoria, appoggio la guancia a un muro e piango, le lacrime scorrono fin sotto al mento.

    Passanti dall’aspetto diverso, gente frettolosa che corre come se stesse salendo la scala dell’abisso, camminano come se dovessero attraversare tutta la terra. Mi sento spaesata tra la folla, e anche gli altri mi lanciano sguardi perplessi.

    Corrono dietro a una colomba bianca che si posa sui ballatoi, allontanano il vento dal suo volto, non si è consumata malgrado gli anni, mentre i muri nascondono le verità, e la verità si deve mostrare, non è così... città santa!

    Le rivolgono sguardi minacciosi, si levano urli, la voce di Fayr™z si mescola alle grida e arriva fino ai golfi dei mari lontani, poi ritorna di nuovo nei vicoli a cantare e a minacciare, piange e ride, ricomincia lì dove ha finito... l’eco si propaga dietro i muri... echi che si ripetono all’infinito provocando smarrimento, sfidando il silenzio, e infine di essi non rimangono altro che i lamenti dell’oscurità e risate di disprezzo.
    Non riuscì a evitare di urtare contro uno dei tetti nell’ora del tramonto, cadendo ferita e dibattendosi nel suo sangue.

    Il suo grido si levò dalla Via Crucis, l’eco giunse fino al cielo, e se fosse stato per me avrei tramutato l’urlo di dolore in esclamazione di pace, l’eco in verità, il sangue in miraggio.
    Ho perso la mia anima e il mio corpo è diventato una statua immobile, ho dimenticato la mano sul muro del dolore mentre l’uccello si dibatte insanguinato.
    Il sorriso di una bambina risvegliò i miei sentimenti e mi infiammò il cuore che mi batteva nel petto, mi apparve tra le tenebre, mi prese la mano con calma, insieme ci rifugiammo in un vicolo, mi accarezzò i capelli, si girò a destra e a sinistra scrutando la strada, poi con voce angelica, coprendosi la bocca con le sue piccole dita, mormorò:
    - Anche tu cerchi tua madre?

    Coprendomi la bocca risposi:
    - Mia madre è andata via insieme alla patria e io sto cercando la mia infanzia perduta nella memoria delle pietre...

     1. Sono i versi di una canzone di Fayr™z.